LaRecherche.it

« indietro :: torna al testo senza commentare

Scrivi un commento al testo di Anna Di Marco
deserto

- Se sei un utente registrato il tuo commento sarà subito visibile, basta che tu lo scriva dopo esserti autenticato.
- Se sei un utente non registrato riceverai una e-mail all'indirizzo che devi obbligatoriamente indicare nell'apposito campo sottostante, cliccando su un link apposito, presente all'interno della e-mail, dovrai richiedere/autorizzare la pubblicazione del commento; il quale sarà letto dalla Redazione e messo in pubblicazione solo se ritenuto pertinente, potranno passare alcuni giorni. Sarà inviato un avviso di pubblicazione all'e-mail del commentatore.
Il modo più veloce per commentare è quello di registrarsi e autenticarsi.
Gentili commentatori, è possibile impostare, dal pannello utente, al quale si accede tramite autenticazione, l'opzione di ricezione di una e-mail di avviso, all'indirizzo registrato, quando qualcuno commenta un testo anche da te commentato, tale servizio funziona solo se firmi i tuoi commenti con lo stesso nominativo con cui sei registrato: [ imposta ora ]. Questo messaggio appare se non sei autenticato, è possibile che tu abbia già impostato tale servizio: [ autenticati ]

Deserto

Aveva una famiglia: il marito, una bambina. Aveva un lavoro e una piacevole vita sociale fatta di piccole cose: una pizza con gli amici, al cinema ogni tanto, un caffè in compagnia, una passeggiata con le amiche. Aveva quello che tanti non hanno e che desiderano avere come sede di serenità, come il minimo e il massimo che ciascuno ha il diritto di avere.

Tutto ciò improvvisamente perse ogni interesse per lei, un mostro l’aveva trascinata dentro una voragine dove la libertà non esiste più e le cose che aveva non avevano braccia talmente lunghe da tirarla fuori.

Non la considerava una malattia, era uno sfizio che piano piano si è trasformato in dipendenza, la dipendenza dal gioco, da quelle maledette slot macchine  divora-soldi, dal gratta e vinci, da tutti quei giochi che misteriosamente la rapinavano dei suoi risparmi, del suo stipendio, ma ancora più gravosamente, la privavano della sua libertà.

Una malattia è quella che, quando c’è, prendi una compressa e guarisci, questa non, non sparisce con una compressa, è una bestia che ti azzanna e non ti lascia più.

La crudeltà del mostro però non ha mai fine ed ecco che la scaraventa nel deserto, un mondo isolato, silenzioso indifferente, sotto il sole cocente, arsa dal calore che le faceva bollire il sangue nelle vene, che le bruciava la carne e con essa il sogno della libertà.

Ed eccolo il miraggio di un’oasi dove potersi dissetare e rinfrescare sotto l’agognata ombra di una palma.

Andava in quella sabbia che le bruciava i piedi, in quella luce accecante, saliva e scendeva dune alte quanto le cime più alte della terra, fin quando l’oasi svaniva e, senza forze,  rotolava giù lungo quei morbidi pendii girandosi e rigirandosi nella bianca sabbia che le si appiccicava tutta addosso nelle piaghe della sua carne provocate dal caldo di quell’ inferno, rendendola irriconoscibile, un mostro essa stessa, come il mostro che la divorava. Tra le dune, nessuno la vede, nessuno sente il suo lamento.

Una bambina dai grandi occhi, più grandi del viso, con una mano tesa, le si avvicina, l’afferra, la tira a se e le chiede di alzarsi. Un altro miraggio? La sabbia comincia a diventare più fresca, il sole ha smesso di lanciare i suoi raggi come frecce che si conficcano in ogni centimetro del suo corpo. Rimane lì ferita, dolorante, tra le braccia del mostro e gli occhi grandi della bambina.

In quegli occhi grandi più del viso vede acqua fresca, ne sente quasi i benefici dentro la sua bocca, sente il profumo di fragranti cornetti appena sfornati e l’odore del cappuccino con una spruzzata di cioccolato, avverte il piacere di quei sapori che sostituiscono l’amaro della sabbia.

Afferra quella manina tesa, tira a se la bambina, la stringe così forte da farle quasi male.

Piange, si era persa, si è ritrovata grazie a quei grandi occhi, i suoi occhi di quando a sei anni nella calda cucina della casa, con i suoi fratelli, faceva girotondi intorno al vecchio tavolo sotto il sorriso della mamma che preparava la colazione prima della scuola.

Gli occhi della sua bambina che ha lasciato a casa senza colazione, la sua bambina silenziosa e triste che ha dovuto fare a meno della sua mamma, perché la sua mamma non era libera di essere mamma, il mostro l’aveva catturata, il mostro cattivo che ruba le mamme alle bambine.

La sua silenziosa bambina che non piange, non si lamenta, con due occhi più grandi del viso.

Piangi pure mamma, sono lacrime di libertà, allontanati dal mostro, sono la tua bambina, sei tu la bambina, la tua mamma, sei tu la mamma, non privare la tua bambina dalla sua mamma, e non privare la mamma della sua bambina.

Nessun commento

Leggi l'informativa riguardo al trattamento dei dati personali
(D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 e succ. mod.) »
Acconsento Non acconsento
 
Se ti autentichi il nominativo e la posta elettronica vengono inseriti in automatico.
Nominativo (obbligatorio):
Posta elettronica (obbligatoria):
Inserendo la tua posta elettronica verrà data la possibilità all'autore del testo commentato di risponderti.

Ogni commento ritenuto offensivo e, in ogni caso, lesivo della dignità dell'autore del testo commentato, a insindacabile giudizio de LaRecherche.it, sarà tolto dalla pubblicazione, senza l'obbligo di questa di darne comunicazione al commentatore. Gli autori possono richiedere che un commento venga rimosso, ma tale richiesta non implica la rimozione del commento, il quale potrà essere anche negativo ma non dovrà entrare nella sfera privata della vita dell'autore, commenti che usano parolacce in modo offensivo saranno tolti dalla pubblicazione. Il Moderatore de LaRecehrche.it controlla i commenti, ma essendo molti qualcuno può sfuggire, si richiede pertanto la collaborazione di tutti per una eventuale segnalazione (moderatore@larecherche.it).
Il tuo indirizzo Ip sarà memorizzato, in caso di utilizzo indebito di questo servizio potrà essere messo a disposizione dell'autorità giudiziaria.